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Anno 2 Numero 43 Mercoledì 29.01.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

Giacomo Puccini: Madama Butterfly

 

di Marina Pinto

In scena al Teatro dell’Opera di Roma “Madama Butterfly”, l’opera a cui Puccini ha dedicato più tempo ed affetto, scritta fra il 1901 e il 1904, in un periodo in cui la musica subisce un grande distacco dal passato, in cui si cercano nuovi linguaggi, nuove forme e nuovi soggetti, c’è forte e prepotente un bisogno di rinnovamento musicale, che trova soluzioni in artisti come Debussy o Mussorgskij, ma che in Puccini non ha spazio, egli è rimasto fermo all’età artistica del secolo nel quale è nato, si è preparato ed è sbocciato artisticamente.
Dopo i successi di “Boheme” e di “Tosca”, Puccini cerca un nuovo argomento che riproponga l’eterno tema, un amore commovente e tragico, con una protagonista femminile tutta passione e dedizione. La ricerca non fu facile, ma infine la scelta del soggetto cadde su un dramma di David Belasco, un commediografo inglese che aveva a sua volta preso il soggetto da un racconto dell’americano John Luther Long. Dopo aver sentito recitare la commedia a Londra, Puccini ottenne il permesso dall’autore per metterla in musica, si dedicarono alla stesura del libretto Giuseppe Giacosa e Luigi Illica. 
L’opera venne rappresentata per la prima volta alla Scala di Milano nel Febbraio del 1904 con un esito ben noto: un fiasco madornale, una rappresentazione tragica ed infelice, soprattutto per l’accanimento con cui il pubblico si scagliò contro l’autore, tanto che Puccini stesso e l’editore Giulio Ricordi decisero immediatamente di ritirare la partitura e di restituire all’impresa i soldi che avevano ricevuto per il contratto.
Molto è stato detto e scritto per spiegare l’esito catastrofico di Butterfly, e i motivi sono essenzialmente diversi: una concezione ardita dello spettacolo teatrale, un testo troppo legato al passato, due atti lunghissimi che non tenevano vivo l’interesse, e l’egocentrismo trionfale del personaggio femminile che faceva scomparire quello maschile, creando così nel pubblico squilibrio e smarrimento. Tale fu il dissenso che l ’opera fu malevolmente definita “diabetica e automobilisticamente infortunata”, con un chiaro riferimento alla salute del compositore e ad un incidente che gli era occorso e da cui era uscito con una gamba mal ridotta. 
Ma la ragione profonda del malessere che irritò gli ascoltatori ed i critici fino al sopruso stava nel fatto che Puccini osava ripresentarsi alla Scala con un’opera che spiritualmente non diceva nulla di nuovo, un fatale malinteso fra l’autore ed il pubblico, che si aspettava qualcosa di genialmente nuovo. 
Più tardi la partitura venne abilmente rimaneggiata, le posizioni rispettivamente chiarite, l’atmosfera disintossicata, e l’opera riportata alla ribalta al posto che le spettava e con il successo che meritava; ad essa venne riconosciuta anche una certa superiorità musicale, fu inquadrata come la terza opera della produzione della maturità artistica pucciniana, e come tale le fu fatta pienamente giustizia.
“Madama Butterfly” è ora un’opera in tre atti, il testo è piacevole, l’azione ben condotta ed il dialogo assai scorrevole e scintillante di grazia, anche la verità psicologica dei personaggi è ben rispettata, la dolcissima geisha ha uno spirito forte e gentile, così come il personaggio maschile, pur nella sua ottusa volgarità di marinaio in cerca di avventure. L’insieme è garbato e allo stesso tempo vero, l’opera al suo ascolto risulta palpitante e viva, con una musica armonica ed equilibrata. In questo contesto spiccano melodie e parti liricamente perfette, il duetto d’amore del primo atto, delicato e sottilmente sensuale, ricco di intensità e di slancio amoroso, in un clima colmo di aspettative per l’evolversi della vicenda (ascoltiamo il duetto “Bimba dagli occhi pieni di malìa…”). Altrettanto dicasi per la celeberrima aria “Un bel dì vedremo” del secondo atto, dove una speranzosa ed innamorata Butterfly racconta le sue speranze mai spente per il ritorno del suo amato, e per il “coro a bocca chiusa” che tiene alta la tensione e allo stesso tempo rilassa la mente dell’ascoltatore, che si abbandona alla musica entrando nell’atmosfera senza fatica alcuna. 
Sono queste le pagine dove più il lirismo pucciniano si fa interprete, il personaggio esce dal clima teatrale, dall’ambiente da paravento giapponese che in tutta l’opera Puccini ha dipinto, diventa vero, la speranza di Butterfly è la speranza di ogni donna innamorata, il suo dolore è il dolore di tutti. Per la prima volta il clima non è solamente spirituale, non nasce dai personaggi, c’è una vera preoccupazione per la piega che assumono i fatti, una orchestra sensibilissima, interessantissima, accompagna nota dopo nota la grande fantasia creativa che c’è nell’opera.
Per Butterfly Puccini si interessa agli usi e ai costumi del Giappone, la cultura esotica si traduce in musica attraverso scale pentatoniche, staccati, dissonanze non risolte, con l’uso dello xilofono, delle campane, di strumenti a percussione e del registro acuto del flauto. Sono tutti effetti riuscitissimi che non si possono che applaudire, Puccini inventa il suo Giappone, lo rende vicino all’occidente, è diventato il paese di tutti.
La vicenda: Sbarcato a Nagasaki, Pinkerton, un ufficiale della Marina americana, per vanità e spirito di avventura, si unisce in matrimonio con una geisha quindicenne di nome Cio-cio-san, chiamata Butterfly, acquisendo, secondo una antica legge giapponese, il diritto di ripudiarla quando vuole; e così infatti avviene, Pinkerton torna in patria abbandonando la giovanissima sposa. Ma questa, forte di un amore ardente e tenace, pur struggendosi nella lunga attesa accanto al bimbo nato da quelle nozze, continua a ripetere a tutti la sua incrollabile fiducia nel ritorno dell’amato. Pinkerton infatti torna dopo tre anni, ma non da solo: è accompagnato da una giovane donna, sposata negli Stati Uniti, e viene a prendersi il bambino, della cui esistenza è stato messo al corrente dal console, per educarlo secondo gli usi occidentali. Soltanto allora, di fronte all’evidenza dei fatti Butterfly comprende: la sua grande illusione, la felicità sognata accanto all’uomo amato, è svanita del tutto. Decide quindi di scomparire dalla scena e dal mondo, in silenzio, senza clamori, e dopo aver abbracciato disperatamente il figlio si immerge un pugnale nel cuore.

 


 

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