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Anno 2 Numero 39 Mercoledì 01.01.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

Guillaume de Machault: La Messa di Notre-Dame 

 

di Marina Pinto

Guillaume de Machault è senza dubbio il più importante musicista del XIV secolo, la sua nascita risale circa al 1300, probabilmente nella regione di Champagne, nel villaggio di Machault vicino Reims, dove sappiamo che egli visse, ma è probabile che abbia vissuto per qualche tempo anche a Parigi, e ciò potrebbe facilmente spiegare la sua giovanile adozione delle tecniche compositive dell’Ars Nova. Morì nel 1377.
Durante la sua vita ebbe incarichi di funzionario ed elemosiniere presso il re Giovanni di Boemia, per il quale lavorò per circa dodici anni, seguendolo nei suoi numerosi viaggi, e che per lui richiese al papa Giovanni XXII nel 1330 di poterlo far lavorare presso la cattedrale di Verdun come canonico. Dobbiamo immaginare che Machault abbia avuto una educazione del tutto eccezionale per quel tempo, già dal 1322 era in condizioni di leggere e scrivere in latino ed in francese dovendosi occupare delle questioni legali e finanziarie del re, e una formazione di tal genere non poteva che essere avvenuta in una istituzione ecclesiastica.
Caso unico nella storia della musica medievale, Machault organizzò precisamente la redazione e la diffusione della sua produzione poetico-musicale, oggi conservata in cinque manoscritti che si trovano nella Biblioteca Nazionale di Parigi. Il catalogo delle sue opere comprende 23 mottetti a tre voci, 43 ballades da due a quattro voci, 21 rondeaux, 38 virelais e 24 lais, oltre ad un trattato didattico in versi.
La Messa di Notre-Dame è l’unica composizione liturgica di Machault, e rappresenta un punto importante nella musica del genere sacro, in quanto è il primo esempio completo di sonorizzazione polifonica dell’ Ordinarium Missae (vale a dire le parti fisse della Messa, Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus, Agnus Dei e Ite Missa est).
Non possiamo risalire con certezza alla data della composizione della Messa di Notre-Dame, si ipotizza che si tratti di un lavoro risalente all’ultima parte della vita del compositore, in quanto sono state fatte considerazioni attendibili sullo stile e sulla maturità della tecnica compositiva, quindi in un arco di tempo che va dal 1350 al 1372 circa. L’occasione per cui fu scritta è anch’essa oggetto di ipotesi, dall’incoronazione di Carlo V, avvenuta nel 1364, ad una occasione liturgica per la cattedrale di Reims o di Avignone, ad una festa mariana dedicata alla Vergine Maria, come la Purificazione, l’Annunciazione, l’Assunzione e la Natività.
Nella produzione musicale del 1300 si usavano essenzialmente tre stili polifonici, quello “mottettistico” isoritmico, lo stile “discanto”, nel quale alla voce superiore sono affidati fraseggi melismatici sostenuti dalle voci gravi, e lo stile “simultaneo”, dove le voci si muovono omofonicamente.
Nella Messa di Notre-Dame Machault ha usato il primo ed il terzo stile, determinando un tessuto sonoro definito un “flusso sonoro”, realizzato comunque sotto il segno di complesse architetture compositive.
Questi due stili musicali si fondono e si completano: sul principio del mottetto isoritmico sono composti il Kyrie, il Sanctus, l’Agnus Dei e l’Ite Missa est, sull’altro il Gloria ed il Credo, dove si ascoltano declamazioni simultanee di tutte le voci. Questa scelta compositiva va ricercata nella tradizione stilistica del repertorio liturgico del periodo, il XIV secolo, e anche questa è impresa non facile, perché i manoscritti trecenteschi sono difficilmente databili, e inoltre pochi di essi si avvicinano stilisticamente alla Messa di Machault, è quindi possibile ipotizzare che il compositore abbia seguito una tradizione e non ne abbia creata una nuova, pur portando innovazioni, come la adozione dei due stili diversi nell’ambito della stessa composizione.
Il Kyrie è costruito su una melodia gregoriana preesistente affidata al Tenor, ripetuta dal coro secondo modelli isoritmici, dove le quattro voci (triplum, motetus, tenor e contratenor) sono divise in due: tenor e contratenor hanno figurazioni a valori larghi, e triplum e motetus realizzano fraseggi più veloci con passaggi sincopati, e lo stesso equivale per le altre parti della messa composte nello stesso stile.
Del tutto diversa la soluzione scelta per il Gloria, dove prevale la dimensione verticale della musica attraverso il procedere omofonico delle quattro voci (ad eccezione dell’Amen finale). Ciascun versetto del testo si conclude con chiare formule cadenzali che creano una atmosfera “arcaica”, in quanto c’è una prevalenza di intervalli di quinta e quarta degli accordi. La scrittura del Credo è simile a quella del Gloria, e in entrambe troviamo tre brevi incisi privi di testo, affidati al tenor e al contratenor, come una sorta di brevissimo ritornello; in mancanza di fonti certe si ipotizza che queste parti fossero affidate a strumenti, che intervenivano raddoppiando le parti vocali.
Nel Sanctus, nell’Agnus Dei e nel breve Ite Missa est conclusivo Machault ritorna ad una scrittura contrappuntistica estremamente elaborata, con floride parti per ciascuna delle quattro voci.

 


 

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