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Anno 1 Numero 37 Mercoledì 18.12.02 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

Wolfgang Amadeus Mozart: Don Giovanni

 

di Marina Pinto

L’opera “Don Giovanni” di Mozart fu composta nel 1787, sulla scia del successo delle “Nozze di Figaro”.
Mozart, allora trentunenne, era in una fase di piena creatività, e sul piano musicale è un artista maturo, aveva già dato vita ai concerti per piano, ai quartetti e ai quintetti per archi composti tra il 1784 e il 1787, e alle stesse “Nozze di Figaro”, in cui Mozart superava i limiti del genere dell’opera buffa italiana, e mostrava al mondo musicale la vera grandezza del suo genio. 
Appena spenti gli echi di questa ultima opera Mozart si dedica all’elaborazione di un nuovo lavoro, e sceglie come librettista Lorenzo Da Ponte, lo stesso delle “Nozze”. Il soggetto è il “Don Giovanni”, che da un secolo e mezzo almeno aveva fatto il giro delle scene dei teatri europei: la vita dissoluta e la fantastica punizione divina del protagonista erano assolutamente affascinanti. 
Ma il “Don Giovanni” nasce in un clima particolare, contraddittorio e penoso per la vita del grande compositore, una crisi interiore particolarmente acuta lo tormenta, al punto tale che nell’opera si avvertono chiaramente le sue reazioni agli avvenimenti esterni, le sue paure e il momento angoscioso che viveva. Dispiaceri amorosi e familiari, uno stato di ansietà per qualcosa di grave lo preoccupa e lo sconvolge: la morte che colpisce chi gli sta intorno, come per il suo ultimo figlioletto e alcuni fra i suoi più cari amici, e poi la perdita del padre, sua guida da sempre.
Sono questi eventi dai quali Mozart non si distacca più, all’inizio dell’opera vediamo il Commendatore ucciso da Don Giovanni mentre difende donna Anna (la figlia), che correndo inciampa proprio nel corpo del padre; impossibile non collegare le grida strazianti della donna a quello che provava Mozart pensando al proprio padre.
Il mito di don Giovanni è, nell’epoca di Mozart, relativamente recente, poiché appare solo all’inizio del Rinascimento, portando con sé elementi diversi, una soluzione spettacolare destinata a colpire l’immaginazione di un pubblico ingenuo: l’assassino dissoluto che, dopo innumerevoli avventure e misfatti, viene fatto precipitare nelle fiamme dell’inferno dalla statua funebre della sua vittima, e, più profondamente, il significato ideologico della figura del protagonista, è un peccatore incallito, un credente traviato, oppure un’anima alla ricerca, sempre delusa, della donna ideale? Il mito del don Giovanni ha dato luogo ad interpretazioni filosofiche diverse secondo i periodi storici, dal lontano Umanesimo fino al più vicino Romanticismo ha sempre occupato un posto di rilievo nello studio della psicologia umana, tante le sue interpretazioni, e tutte valide allo stesso modo, così come è sempre per un mito immortale.
Nell’epoca di Mozart Don Giovanni rappresenta quel tipo di eroe la cui grandezza sta nella sua rivolta contro le leggi e i costumi, vi si ammira l’indomabile spinta vitale, che non arretra nemmeno davanti al manifestarsi della potenza divina e che si sente forte e superiore a tutto (Don Giovanni non accenna al pentimento nemmeno nel momento in cui viene minacciato dalla statua del Commendatore, che lo esorta a pentirsi, e che poi lo condanna alla dannazione eterna). 
Dall’inizio alla fine nell’opera di Mozart c’è un potente impulso verso il surreale e il demoniaco, ma non si tratta di un vero spirito di contestazione, e neppure di una spinta verso un ideale inaccessibile. Don Giovanni è un gran signore, non si priva di nessuno di quei piaceri che la sua ricchezza ed il suo rango gli consentono, si lascia andare con frenesia alla sua smania di godere la vita, per lui non esistono regole, né sociali né morali, ma solo ostacoli da superare, o, se è il caso, da abbattere, è incapace di affezionarsi a qualcuno, continua ad andare avanti sempre proteso verso il prossimo oggetto della sua concupiscenza, tutto ruota intorno a questo, ma bisogna pure che un giorno si scontri con la morte, scadenza a cui non vuole pensare, a cui non pensa, e che infatti nega fino alla fine. 
È un superuomo? È una parola per lui pretenziosa, per lui non si tratta che di lasciarsi andare a capofitto nella gioia di vivere, nel godimento incessantemente rinnovato. È il demonismo che lo ispira? La definizione può essere accettabile, egli impiega il suo potere di seduttore e la sua instancabile energia per soddisfare i suoi fini egoistici, e, conformemente agli imperativi della sua casta, non indietreggia davanti a nulla, ha un senso dell’onore, al momento di combattere contro il Commendatore non esita ad abbatterlo, e se fugge non è per codardia, ma per prudenza e quasi per divertimento, e, nella scena finale con la statua, manifesta un coraggio privo di millanteria porgendo il fianco alla fine ineluttabile.
Mozart crea questo personaggio frivolo ed indiavolato compensando i suoi difetti e le sue qualità, lo fa apparire comunque seducente, non ne fa, per i suoi fini edificanti, un odioso dissoluto che lo spettatore vuole a tutti i costi vedere all’inferno, nell’opera egli è assoluto protagonista di mille avventure, con risvolti drammatici e a volte comici.

 


 

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