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di
Marina Pinto
L'operetta è un genere musicale nato nella seconda metà dell'800 come una sorta di alternativa all'opera lirica, ma non solo, che diede una decisiva sterzata al teatro musicale, è un genere diverso e al contempo affine, vi si alternano brani cantati (arie, duetti, terzetti, assoli e cori), danze e scene interamente recitate in prosa. Le vicende sono prevalentemente sentimentali e fantasiose, l'operetta prolungò nel tempo la sua fortuna fino a circa il 1930 in Francia, in Austria, in Germania e in Italia, affiancando le tante correnti musicali che sorsero in quel periodo in tutta Europa.
L'operetta francese in particolare nacque prendendo spunto dall'opera-comique, mutandone caratteri e strutture, ed aggiungendovi un pungente carattere satirico, prendendo in esame la classe borghese, e facendo protagonisti delle sue storie i borghesi stessi, come anche improbabili aristocratici e diplomatici di granducati immaginari dell'Europa centrale.
Il tratto fondamentale dell'operetta consisteva nella sua ambiguità: rifletteva fedelmente l'arte ufficiale e le idee correnti, ma sapeva trarre il "kitsch" da ogni situazione, trasformandosi così in una satira totale. Era quindi complice e allo stesso tempo nemica del regime dominante, compiaceva, apparentemente inoffensiva, la stabilità sociale, e soddisfaceva lo spirito di rivolta: era un vero segno rivoluzionario.
Jacques Offenbach (1819-1880), tedesco di nascita e naturalizzato francese, è il principale creatore dell'operetta francese, si dedicò a questo genere musicale trovando immediati consensi e successi sempre più grandi, compose quasi 100 operette, nelle quali si manifesta la grande arte del difficile genere della commedia un po' folle, dove tutto è pretesto per una canzone, dove i soggetti sono vari, dai grandi soggetti mitologici e storici ("Orfeo all'inferno", in cui troviamo il celeberrimo can-can, "La bella Elena") alle favole dell'infanzia ("I racconti di Hoffmann", "Don Quichotte e Sancho Pança").
Nella sua vasta produzione musicale si rispecchia la satira della Francia del secondo impero, il pubblico di quegli anni vi riconosceva perfettamente il proprio atteggiamento fatuo e spregiudicato; l'atteggiamento di Offenbach nel proporre i soggetti delle sue operette è quello di uno sguardo gettato come per caso (ma con grande lucidità ed obbiettività) sul mondo circostante, assumendo un particolare sapore satirico, spiritoso e al contempo intelligente ed acuto, che argutamente colpisce l'ambiente circostante, come la dimitizzazione del mondo classico.
Alla caduta di Napoleone III l'operetta francese entrò in crisi profonda, il moralismo della Terza Repubblica si mostrò inesorabile, al contrario del conformismo del Secondo Impero, e dopo la guerra del 1870 la moralità repubblicana condannò per sempre Offenbach.
Tuttavia il successo ottenuto dalle sue operette nei teatri
ha reso Offenbach il simbolo del divertimento parigino, ma questa sola immagine è restrittiva, anche se veritiera, la sua musica in realtà è più gioiosa, spiritosa e mirabilmente scritta, con una orchestrazione ricca e superba, che nulla ha da invidiare alla grande opera, e con in più il brio e la leggerezza proprie delle operette "intelligenti", con uno stile che continuerà ad essere seguito da molti altri autori.
La fortuna di Offenbach fu di saper conciliare un pubblico eterogeneo, formato dalla borghesia e dagli stessi sovrani europei, che, non appena mettevano piede a Parigi non tardavano a recarsi a teatro.
L'ultimo lavoro di Offenbach, "I racconti di Hoffmann", rappresentata postuma nel 1881, è una vera opera comica, un'impresa che costò molta fatica al suo autore, un omaggio ad uno degli scrittori prediletti dal musicista, dove si mescolano una tipica freschezza inventiva e toni di intensa malinconia.
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