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Anno 1 Numero 29 Mercoledì 23.10.02 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

Arnold Schoenberg "Un sopravvissuto di Varsavia"

 

di Marina Pinto

Arnold Schoenberg nacque a Vienna nel 1874, iniziò gli studi musicali fin da bambino con la madre, poi proseguì da autodidatta, e solo più avanti compì studi regolari. Dal 1895 si dedicò esclusivamente all'attività di musicista. 
Il suo interesse per la ricerca di nuove espressioni e teorie musicali lo spinsero a fondare a Vienna una scuola, la Scuola musicale di Vienna, che avrà una grande importanza per l'affermazione delle sue idee. La sua prima opera, il "Quartetto in re maggiore", del 1897, ebbe un discreto successo, e ciò lo incoraggiò a proseguire; dopo il 1910 nacquero composizioni impegnative, come il "Pierrot Lunaire", poemetto per voce recitante e 5 strumenti, una piccola grande opera che rappresentò una vera e propria svolta nella musica contemporanea. Vi veniva utilizzata una forma di canto molto originale, che non intonava perfettamente la nota, ma la calava o la cresceva di pochissimo, creando così una sorta di recitazione allucinante.
Tutte le sue opere esprimono la profonda crisi dell'Europa di inizio secolo.
L'avvento di Hitler al potere fu un momento di crisi per la musica di Schoenberg; infatti Hitler (amante della musica wagneriana), lo osteggiò moltissimo, e il compositore abbandonò la Germania, approdò in Francia e in seguito a Boston, negli Stati Uniti.
Schoenberg dedicò tutta la sua vita di compositore alla sperimentazione e al superamento dei vecchi sistemi musicali, elaborò il metodo compositivo della dodecafonia, un sistema totalmente innovativo, che esercitò una grandissima influenza su tutti i compositori contemporanei. Nelle sue opere la melodia scompare, il ritmo non è più regolare e il canto si trasforma in una specie di parlato, una declamazione intonata su suoni dai timbri particolarissimi.
Tra i capolavori scritti da Schoenberg l'opera "Un sopravvissuto di Varsavia" rappresenta una vera scossa alla musica di tutti i tempi, fu scritta nel 1947 con l'intento di rievocare la persecuzione contro gli Ebrei da parte della Germania di Hitler. L'opinione pubblica americana era fortemente impressionata dalle testimonianze sulle brutalità commesse dai nazisti durante gli anni della seconda guerra mondiale, sull'olocausto di milioni di ebrei rinchiusi nei campi di concentramento e uccisi nelle camere a gas, ed è proprio dalla testimonianza di uno di loro che Schoenberg dà vita a quest'opera. Il testo, scritto dallo stesso Schoenberg, è una testimonianza letteraria molto intensa e significativa.
La prima esecuzione si tenne nel 1948 negli Stati Uniti; l'opera fu eseguita due volte: dopo la prima il pubblico rimase in religioso e commosso silenzio, alla seconda dimostrò il proprio consenso con una vera ovazione.
Si tratta di un unico movimento, l'organico è molto originale, orchestra, coro maschile e una voce recitante, che narra con una recitazione libera, presto trasformata in un grido quasi intonato, la vicenda di un uomo sopravvissuto ad uno sterminio in un campo di concentramento, soffermando i suoi ricordi sulle voci e le sensazioni vissute in quel momento.
La musica, in stile dodecafonico, segue con precisione i vari momenti della storia, in diversi momenti sembra commentare in modo freddo e realistico attraverso frasi scarne e concitate, il racconto della voce recitante, i suoni sono aspri e graffianti, esplosivi in dati momenti, gli strumenti a percussione presenti nell'organico (xilofono, castagnette, tamburi e grancassa) contribuiscono notevolmente ed avocare la drammaticità del racconto. 
Il brano inizia con un breve intervento orchestrale che introduce l'atmosfera cupa del racconto, entra poi la voce recitante, sostenuta dall'orchestra che sottolinea i momenti più salienti, una tromba squilla improvvisa a descrivere il momento del risveglio dei prigionieri, gli strumenti a percussione evocano i loro lamenti, un accelerando sempre più concitato scandisce il loro procedere verso le camere a gas; le scene di disperazione, di paura, di dolore e di sgomento sono rese agghiaccianti e profondamente realistiche dalla voce del Feldwebel che impartisce gli ordini, che conta i giovani, i vecchi, remissivi o agitati, i malati, i colpevoli o gli innocenti, tutti indistintamente marciano verso il loro destino. Attraverso il "canto parlato" Schoenberg rende la voce recitante ricca di inflessioni realistiche per rendere espressiva la narrazione di questo tragico evento, e in un crescendo ritmico pieno di tensione esplode improvvisamente un canto, lo Shema Ysrael (Ascolta Israele), uno dei canti più antichi della liturgia ebraica, il credo dimenticato, l'unica voce che rimane ai condannati; ma anche qui le sonorità aspre dell'orchestra paiono contrastare quel canto, e sembrano soffocare quell'unica speranza.

 


 

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