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Anno 1 Numero 26 Mercoledì 02.10.02 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

Il melodramma nel 1600
Claudio Monteverdi e la "Favola di Orfeo"

 

di Marina Pinto

L'opera seria, o melodramma, trova le sue origini nel 1580 circa, in una Firenze raffinata e colta, dove un gruppo di studiosi, la Camerata dei Bardi, cerca di far rivivere le antiche tragedie greche creando spettacoli teatrali recitati e cantati; da qui il nome di "recitar cantando" per indicare lo stile di questi spettacoli.
Nasce così un nuovo genere di teatro, appunto il melodramma, o dramma in musica, dove poesia, musica, costumi e scenografie si fondono in un unico avvenimento. Questo nuovo genere musicale ricopre un ruolo importante, un appuntamento culturale e mondano che trova spazio nelle corti in occasioni di feste o ricorrenze, e gli spettacoli sono ricchi e sfarzosi.
Tale è il successo del melodramma che nel 1637 a Venezia viene inaugurato il primo teatro pubblico, il S. Cassiano, dove lo spettatore, anche se non invitato, può assistere allo spettacolo acquistando un biglietto; il passo è fatto, e subito dopo l'esempio del teatro di Venezia molte altre città italiane provvedono all'apertura di teatri pubblici.
Nell'arco di qualche anno il "bel canto" italiano comincia a diffondersi in tutta Europa, fino a raggiungere le fredde terre di Russia degli zar. Il melodramma continuerà ad essere il più importante e diffuso spettacolo teatrale per tutto il settecento e l'ottocento.
Il melodramma dell'epoca barocca è costituito dai seguenti elementi:
- l'OVERTURE, un brano di sola orchestra eseguito prima di ogni azione scenica
- diversi ATTI che dividono i momenti della vicenda
- in ogni atto i personaggi cantano melodie chiamate ARIE
- le arie sono introdotte, collegate fra loro e commentate da RECITATIVI, parti declamate accompagnate dal solo clavicembalo
- il testo, chiamato LIBRETTO, quasi sempre scritto in versi, che narra vicende drammatiche ispirate alla storia antica e alla mitologia.
La "Favola di Orfeo" di Claudio Monteverdi rappresenta il primo vero capolavoro del genere, rappresentato per la prima volta nel 1607, ispirato all'antico mito greco di Orfeo ed Euridice, su libretto poetico di Alessandro Striggio. Musica e poesia si uniscono efficacemente nel recitar cantando, ed esprimono i sentimenti dei vari personaggi, l'umanità appassionata di Orfeo, la cupa ostinazione di Caronte, le gioie ed i dolori di ninfe e pastori che fanno parte della vicenda.
Monteverdi è maestro nel caratterizzare i personaggi attraverso una scelta oculata degli strumenti musicali, accompagna il canto di Orfeo con l'organo di legno e sottolinea quello di Caronte con le sonorità più aspre del regale (organo alimentato da due soffietti a mano); inoltre l'impiego di due chitarroni, due clavicembali, quattro tromboni, un'arpa e molti strumenti ad arco contribuiscono a dare all'opera una atmosfera musicale assolutamente unica.
La vicenda: Ninfe e pastori festeggiano con vivaci canti e danze le nozze della ninfa Euridice con il cantore Orfeo, e mentre il protagonista rievoca la storia del suo amore improvvisamente una messaggera reca la notizia che Euridice, mentre stava cogliendo i fiori per la sua ghirlanda nuziale, è stata morsa da una serpe ed è morta. Grande è la disperazione di Orfeo, che, per riavere la sua amata, decide di scendere nel mondo degli inferi. Così giunge alla palude dello Stige, dove Caronte, il tetro traghettatore di anime, gli impedisce di andare oltre. Orfeo allora, facendo sfoggio di tutta la sua abilità di cantore cerca di placare l'ostinato Caronte, e dopo averlo addormentato con il suo canto, scende in barca e attraversa lo Stige, il fiume infernale.
Commossa dal dolcissimo canto di Orfeo, Proserpina, moglie del re degli inferi Plutone, concede ad Orfeo di riprendere con sé la sua amata compagna, Plutone si oppone, ma dopo le insistenze della sua sposa concede ad Orfeo una possibilità, a patto che non si volti mai indietro finché non sarà di nuovo sulla terra. Così Orfeo si avvia verso la luce seguito da Euridice, ma durante il cammino, scosso improvvisamente da un forte rumore, dimentico delle raccomandazioni di Plutone, si volta indietro; Euridice così, perduta per sempre, viene inghiottita dalle tenebre eterne. 
Tornato sulla terra Orfeo, disperato, va errando per i campi di Tracia, fino a quando suo padre Apollo, sceso dal cielo, gli offre l'immortalità; mentre salgono insieme nei regni celesti i pastori celebrano l'avvenimento con canti e danze.

 


 

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