Anno 2 Numero 76 Mercoledì 17.09.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

RAGIONI DI UNA MOSTRA NELL’ANNO CENTENARIO
Introduzione al catalogo
di Umberto Carpi 
Sindaco del Comune di Crespina 

Incuriosirà forse i lettori di questo catalogo sapere qualcosa del suo committente, il Comune di Crespina, che celebra l’anno centenario della propria costituzione in Amministrazione autonoma. Un piccolo, antico centro delle colline pisane, terra d’ulivi e di viti, elegante per le sue numerose, splendide ville del Sette e Ottocento (descritte in un bel libro su Le ville di Crespina.. Belvedere, un caso esemplare), in una delle quali è appunto ambientata la nostra mostra: caratterizzato peraltro, oggi, dal notevole sviluppo demografico ed economico -nei settori artigianale ed agroindustriale- delle sue frazioni di pianura, Lavoria e Cenaia. Un misto, insomma, di antiche tradizioni e di crescita moderna, alla ricerca d’una nuova identità in cui si armonizzino difesa della tradizione e impegno nell’innovazione: ed è problema che, prima di diventare politico e culturale, si pone oggettivamente, direi visivamente, là dove collina e pianura sfumano l’una nell’altra, chiedendo d’esser unite da una linea di sutura, di non venir divaricate da un contrasto violento. Comunque, la scommessa di Crespina non é quella di sfuggire al declino che in Italia minaccia migliaia di piccoli Comuni collinari e montani, bensì quella opposta di governare una decisa crescita del territorio e delle sue risorse: tra le quali una posizione centrale nella Toscana occidentale, fra aeroporto di Pisa e porto di Livorno, fra mare e Firenze. 
Il visitatore della mostra che per la prima volta salisse nel nostro capoluogo potrebbe altresì chiedersi perché un’iniziativa culturalmente tanto ambiziosa (e, diciamolo, finanziariamente ed organizzativamente onerosa) in un Comune così piccolo: troppo ovvio, e troppo riduttivo, rispondere invocando motivi promozionali, per esempio di incentivazione turistica, che pure ci sono e assolutamente legittimi. Ognuno, del resto, sa che oggi l’immagine, il nome d’una località a vocazione turistica sono fortemente valorizzati da iniziative espositive di qualità: e non c’é dubbio che la serie di mostre realizzate a Crespina nell'ultimo decennio, a partire da quelle del 1995 e del 1996 rispettivamente sul centenario di Silvestro Lega e sulla pittura delle colline toscane fra Ottocento e Novecento, sia stata anche in questo senso molto efficace. Ma c’é promozione e promozione, e quando l’evento non resta sporadico, ma si ripete come continuativa scelta politico-culturale anche nel mutare delle Amministrazioni, allora esso comincia a diventare tradizione della Comunità locale, segno connotativo della sua forma di governo del territorio e del tipo di legame che istituisce con la stessa Comunità nazionale; diventa cioè valore culturale in sé nella storia del Comune ed essenziale nella sua identità, con una propria intrinseca ragione a prescindere da ogni altro obiettivo estrinseco, insomma non più mera e opzionale voce di bilancio: così, non é stata un’occasione eccezionale a dettarci un evento sporadico, bensì una linea di politica culturale ad assumere come occasione quell’eccezionalità. Non la mostra una tantum per celebrare, nel caso, il centenario di Crespina come Comune autonomo: é stata la nostra ormai consolidata tradizione espositiva ad assumere dall’anno centenario lo spunto per un tema storico-artistico che, come ognun vede, suona di riflessione assai più che di celebrazione. 
Cent’anni fa, dopo un’accesa discussione locale e parlamentare, la frazione di Crespina venne staccata dal Comune di Fauglia e costituita in Amministrazione autonoma: parve l’esito d’un conflitto interno ad una ristretta élite di proprietari terrieri, e invece si trattò della sanzione d’un processo evolutivo che cominciava ad investire la nostra antichissima e solo apparentemente immobile realtà agraria. Non è un caso che il centenario dell’autonomia amministrativa coincida col secolo di quel vivaismo viticolo intrapreso a Cenaia all’inizio del Novecento, da allora all’avanguardia in campo nazionale, uno dei cardini della vitalità economica del Comune, il suo particolare ruolo in quella produzione del vino che é tra i principali elementi connotativi della Toscana: e se é vero, come documenta un bellissimo libro di immagini dovuto alla passione del miglior conoscitore della storia di Crespina, Maurizio Camarlinghi (del 1999, Crespina e il suo territorio), che in questi cent’anni l’aspetto di Crespina e la composizione sociale della sua popolazione sono andati progressivamente mutando soprattutto in ragione del venir meno della sua univoca vocazione agraria, é altrettanto vero che proprio in quegli anni noi registriamo la nascita d’un associazionismo politico e del volontariato il cui filo non si é mai spezzato e che ancora costituiscono il nerbo della nostra vita sociale. Né penso solo alle culture politiche che affondano le loro radici nei movimenti socialista e popolare nascenti nel Comune a sua volta neonato, ma anche ad una cultura politica di destra: bisogna pur registrare che primo sindaco di Crespina fu il proprietario Giuseppe Niccolai, il cui omonimo nipote é stato poi la maggior personalità della destra pisana nella seconda metà del Novecento. Cent’anni insomma in cui Crespina si é radicalmente mutata, ma in cui é rimasta salda, con quella di altre più antiche tradizioni, la continuità d’alcuni filoni, comunque li si voglia giudicare, di tradizione e di cultura: da rileggere dunque senza alcuno spirito agiografico, ripensando senza occultamenti o indoramenti a quel che effettivamente è stata la grande vita nazionale entro cui la piccola vita comunale si è svolta, anche nelle sue pagine (e che pagine!) su cui più severo possa essere il nostro giudizio, le due guerre mondiali, una monarchia men che mediocre, la dittatura fascista. 
Non c’é dubbio che la promozione culturale d’un Comune, soprattutto piccolo, debba essere sempre connessa alla realtà locale e alla sua storia: dunque, in occasione di questo centenario, specifiche iniziative sulle realtà a loro volta ’centenarie’ di Crespina, sociali ed economiche, come il volontariato, appunto, e il vivaismo. Ma l’ottica d’una cultura comunale deve poi restare chiusa dentro le proprie mura, oggi che le mura medievali sono abbattute o al più godute come reperto archeologico e che il mondo (immagini, informazioni, merci, persone d’ogni dove) entra ogni giorno nella più isolata delle nostre case? La giusta valorizzazione del proprio Municipio deve trasformarsi, degenerare dico io, in municipalismo, magari con punte di separatezza antinazionale? Non sono interrogativi retorici, se è vero che noi ascoltiamo giornalmente lo strepito d’un’incultura politica che d’un tale municipalismo fa la propria bandiera: nulla di più estraneo alla cultura toscana e, si parva licet, crespinese. Le ragioni della nostra storia locale, della nostra stessa autonomia, noi le concepiamo solo all’interno della storia nazionale, in stretta relazione con le ragioni nazionali: perciò abbiamo voluto inaugurare le celebrazioni dell’anno centenario con una lezione del sen. Nicola Mancino, ex Presidente del Senato, sul tema Autonomia locale e riforme istituzionali, perciò questa mostra sul Ritratto storico nel Novecento. 1902-1952. E l’alto patrocinio ad essa concesso dalla Presidenza della Repubblica rappresenta dunque per noi ben altro che un’etichetta di prestigio da esibire nel giorno di festa.
La periodizzazione della mostra, a parte la pur comprensibile necessità di circoscrivere una materia molto vasta, é stata naturalmente condizionata dalla circostanza che, con gli anni Cinquanta e con l’avvento del mezzo televisivo, l’uso del ritratto come trasmissione dell’immagine dei personaggi del potere -venutosi già da decenni e via via profondamente mutando nell’epoca della produzione di serie, appunto definita della ´riproducibilità tecnica dell’opera d’arte’, fotografia, cinema e non solo- è diventato in sostanza residuale. La prima metà del secolo dunque, guardando in faccia il potere, se non per quel che fu, per come volle o accadde che il suo volto fosse rappresentato, artisticamente interpretato, storicamente tramandato: e se questa mostra, oltre che una proposta di lettura del genere ritratto fra tradizione e avanguardia (approfittando anche della speciale e innovativa presenza del sommo Sironi), riuscisse di stimolo - magari soprattutto per il pubblico giovanile delle scuole- alla riflessione su un passato storico non più recentissimo né, se non per i molto anziani, di personale esperienza, e tuttavia ancora oggetto di passioni ideologiche e battaglie politiche, questo sarebbe considerato dal committente un grande successo. Il sindaco sottoscrivente questa nota introduttiva non ha alcuna simpatia per il cosiddetto revisionismo storico, che ritiene o un imbroglio (perché la pretesa revisione in atto non riguarda in realtà i fatti bensì, disastrosamente, i valori) oppure una mera tautologia, se è vero che la storiografia non può appunto non essere se non revisione continua dei giudizi; ritiene altresì grottesche le prepotenti velleità di riscrittura dei manuali di storia ad ogni cambio di governo: e dunque, esempio fra tutti il più vistoso ma certo non l’unico in questa mostra di irruzione della politica nel ritratto artistico, una sala dedicata ai ritratti di Benito Mussolini (soggetto di grande interesse anche perché fu un gestore della propria immagine abilissimo pure per certa sua apertura culturale nei confronti dell’avanguardia futurista, che non lasciò all’opposizione come in genere accadde alle avanguardie di tutta Europa, ma di cui riuscì ad acquisire il consenso al potere) non vorrà gratificare o indignare, ma piuttosto far riflettere sulle forme con cui un dittatore del XX secolo proponeva la propria immagine alla massa del pubblico prima degli attuali mezzi di comunicazione di massa. Artisti e potere, incerto rapporto fra arte e libertà, valori estetici e valori etici, informazione e propaganda, élite e massa, il ritratto e la maschera dell’uomo pubblico: questa galleria di ritratti, qualunque sia l’intimo sentire del visitatore, gli riuscirà inquietante, freudianamente unheimlich. Come deve essere, in fondo, ogni evento, ogni centenario non fatuamente celebrativo.

IL SINDACO DI CRESPINA
Umberto Carpi


L’Amministrazione rivolge un caloroso ringraziamento a tutti coloro, Enti, ditte, singoli, che hanno contribuito a rendere possibile la realizzazione di questa mostra con il prestito delle opere o con un sostegno finanziario. Un particolare grazie alla Società API e al suo Presidente Aldo Brachetti Peretti, alla Fondazione della Cassa di risparmio di Pisa, alla Cassa di risparmio di Pisa s.p.a.
La realizzazione della mostra sarebbe comunque stata impossibile senza il lavoro assiduo di funzionari e impiegati del nostro Comune, coordinati dalla dott.ssa Emanuela Riccomi.

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