Anno 2 Numero 76 Mercoledì 17.09.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

Università Cattolica del Sacro Cuore

 

Una radiosonda per interventi sempre più precisi e sicuri sulla tiroide e sulle paratiroidi

Lo stato dell’arte sul trattamento chirurgico selettivo e mini-invasivo nel congresso multidiscplinare promosso dall’Università Cattolica di Roma in occasione del Premio Scanno (AQ), 19-20 settembre 

La radiosonda del chirurgo è capace di trovare la lesione da rimuovere, distinguendo con grande precisione la parte sana da quella malata. È in grado di rilevare dove sta il male, guidando e suggerendo al bisturi dove intervenire.

"La chirurgia radio-guidata è nata da circa un decennio e si è subito rivelata molto utile in senologia, nella ricerca del cosiddetto ‘linfonodo sentinella’, ossia degli eventuali primissimi segni di metastasi di una neoplasia della mammella", spiega il professor Guglielmo Ardito, associato di semeiotica chirurgica all’Università Cattolica – Policlinico Gemelli di Roma e promotore con il professor Francesco Paolo Campana, dell’Università La Sapienza di Roma, del Congresso multidisciplinare sulle "Scelte diagnostico-terapeutiche nell’iper-paratiroidismo", sezione scientifica del Premio Scanno, organizzato dalla Fondazione Tanturri, in corso nel borgo medievale abruzzese (Hotel Miramonti).

"La radiosonda si sta mostrando utilissima anche in endocrinochirurgia, nella spesso difficile ricerca degli adenomi delle paratiroidi e nelle recidive locali o linfonodali delle neoplasie tiroidee", precisa Ardito.

Il protocollo è stato messo a punto dai chirurghi e dai medici nucleari dell’Istituto Goustave Roussy di Parigi. In Italia oltre al gruppo del Gemelli se ne occupano soprattutto nelle Università di Pisa (prof. Paolo Miccoli) e di Padova (professoressa Maria Rosa Pelizzo).

Il concetto è semplice: prima dell’intervento si inietta (nel caso delle paratiroidi) o si somministra per bocca (nelle recidive delle neoplasie tiroidee) un radiocomposto. Questo si localizza elettivamente nel tessuto malato. "Durante l’intervento la piccola radiosonda (un sistema capace di rilevare raggi gamma: gamma-camera) guida le mani del chirurgo sul tessuto da asportare - spiega Luca Revelli, chirurgo, ricercatore dell’Università Cattolica. Ciò garantisce una maggiore radicalità con un approccio mini-invasivo (cioè un’incisione chirurgica decisamente più piccola), riducendo anche di molto i tempi operatori, e azzerando – praticamente – i rischi di reinterventi". La radiochirurgia endocrina è del tutto sicura sia per il paziente che per il chirurgo e il personale di sala operatoria: l’impatto biologico delle radiazioni emesse durante un intervento è equivalente a quello dell’esposizione al sole di una giornata passata al mare o in montagna.

 

 

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