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critica
a cura di Valentina Tomada
Quattro donne. Quattro
realtà diverse. Quattro destini legati da un filo comune: la morte. L'assassinio. E cosa
ancora più terribile l'assassinio della propria creatura.
From MEDEA è la pièce in questione, in scena al teatro Colosseo dal 4
ottobre per un mese. Una pièce che angoscia e fa ridere, in cui i momenti di
tensione - tanti e forti - sono allentati da battute e ironia. Così è la
vita... la vita in un istituto che non è un carcere. Non è una clinica
psichiatrica. Cos'è allora? Un luogo per capire il perché. Perché è
accaduto. Perché si può uccidere chi si ama. Perché non si è mai
riuscite ad amare. Ognuna ha un suo perché. Ognuna ha le sue risposte, le sue
maschere, le sue bende sugli occhi. Occhi chiusi, spesso. Occhi che non
vogliono vedere, non vogliono aver visto.
Il meccanismo non è ancora ben oliato, ma la regia - di Pietro
Bontempo - è buona, e la difficoltà del testo giustifica la "lentezza" di questi
inizi. La pièce è emozionante, e le attrici, tutte e quattro
brave, fanno vibrare l'animo dello spettatore. La dolce Antonella
Elia, che annusa un orsetto di pelouche per respirare ancora l'odore della
sua bambina. Vera Gemma, col suo linguaggio sconcio, un brutto imprinting delle violenze
paterne. Marina Pennafina, bravissima, aiutata forse un po' dal linguaggio dialettale e Barbara Begala,
parallizzata dal dolore di non essere riuscita a provare quell'istinto materno che "prima o poi
sarebbe venuto", o così almeno l'avevano spinta a credere Un consiglio: andatele a vedere. Meritano.
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