|
BOLOGNA DEDICA UNA RASSEGNA A ‘LOUISE BROOKS LA RIBELLE’
SONNAMBULA DELL’AMORE
aise
Femme fatale, icona tenebrosa, il mito di Lulù/Louise Brooks rivive al cinema Lumiére di Bologna dal 4 al 26 marzo con un ciclo di proiezioni organizzato dal centro di promozione teatrale La Soffitta e dalla Cineteca.
"Louise Brooks la ribelle", tra l'America e l'Europa, "sonnambula dell'amore"
(Karl Kraus) e diva senza tempo. La rassegna verrà inaugurata da The Show Off di Malcolm
St. Clair in cui Louise Brooks è il terzo nome nei credits della commedia (destinata ad almeno tre
remakes), ma è il suo caschetto nero lacca a brillare già sui manifesti: girl-next-door d'inconsueta bellezza, ha il ruolo breve di fidanzata d'un onesto giovanotto messo nei guai dal cognato gabbamondo e scialacquatore, un Ford Sterling di verve comica stagionata (era stato lui il capo dei Keystone cops di Mack
Sennett).
Giovedì 6 marzo, ore 20.20, appuntamento con Capitan Barbablu (1928, Howard
Hawks). Storia di un'amicizia tra uomini come solo Hawks ha saputo raccontare: qui siamo alla genesi, all'archetipo, poi replicato da Avventurieri dell'aria, dal Fiume rosso, dal Grande cielo. Il marinaio Victor MacLaglen scopre con rabbia, sul corpo di ogni donna che si accinge a sedurre, la traccia (un anello, un medaglione) d'un altro marinaio che l'ha preceduto: incontrarlo (è Robert
Armstrong) sarà trovare un destino, lo specchio del proprio stesso desiderio. Se le danno sonoramente, solidarizzano, diventano inseparabili. Poi arriva (e per il cinema tutto è un'altra genesi) Louise
Brooks, acrobata di circo, a far saltare ogni equilibrio. Ricomposizione finale in clima di commedia virile: per l'essenziale, nessuna ragazza vale un amico. Sembra contraddirli il potere fotogenico di
Louise, che al dodicesimo film e al primo vero successo già offre la misura del proprio charme predatorio e innocente.
Martedì 11 marzo, ore 18, verrà proiettato Beggars of Life (1928, William
Wellmann), melodramma e road-movie, dove la Louise Brooks americana anticipa e vendica qualcosa del destino della sua
Lulu, uccidendo nella prima magnifica sequenza il patrigno che vuole abusare di lei. Seguono una fuga, un ragazzo, una vita vagabonda sulle strade, un travestimento da uomo di splendida eleganza randagia: Brooks con i capelli raccolti nel cappello alla Biberkof è già immagine
auratica, icona.
Giovedì 13 marzo, ore 20.10, sarà volta del ‘cult’ Lulu (1928, G. Wilhelm
Pabst). Lulu, o le disavventure del desiderio, tardi anni Venti di Weimar e dell'espressionismo: Pabst prende i due drammi di Wedekind (Lo spirito della terra, Il vaso di Pandora) e, capolavoro di montaggio, ne fa la sola, eversiva storia d'una donna. Lulu è ondivaga febbre erotica, senza intoppi e senza morali: un vecchio protettore, un acrobata, un marito, un figliastro, un marchese e, fine della corsa, il marinaio dei docks di Londra, Jack lo squartatore - suo fratello e suo doppio, mosso da identica coazione a ripetere. Lulu è Louise Brooks nel ruolo di una vita, "idolo pagano scintillante di lustrini, piume e falpalà" (Lotte
Eisner), il più caldo e tangibile corpo di donna che il cinema avesse mai mostrato. Costruito su un'autonomia di desiderio e sul disordine sociale che essa produce, Lulu è film di primissimi piani, dettagli e incandescenze luminose, che il restauro anni Novanta ha restituito al proprio incanto.
Martedì 25 marzo, ore 20, Diario d'una donna perduta (1928, G. Wilhelm
Pabst). Capolavoro di Pabst, rimane uno dei film più audaci e misteriosi (e, non a caso, censurati nei vari paesi in modo meno omogeneo) della storia del cinema. È una ragazza perduta
Thymian, Louise Brooks di bellezza smagliante e insieme raggelata, figlia di famiglia borghese sopraffatta dalla propria sensualità; è un mondo perduto la Germania del '28, implosa in una passività corrotta e oscena. Interni borghesi, case di correzione come caserme, bordelli e tabarin esalano la stessa aria putrida, nel realismo di Pabst abbacinante come un incubo, nella sapienza d'una messinscena che fa "di ogni attore, vedette o figurante che sia, la star dell'inquadratura che gli è consacrata, indispensabile al mosaico sociale del film"
(Jacques Lourcelles). Di quel mosaico Louise Brooks, al di là del bene e del male, è il tassello più prezioso e impenetrabile, l'unica che comunque riesca a "guadagnarsi il diritto di gridare il proprio disgusto e la propria rivolta"
(Freddy Buache).
Mercoledì 26 marzo, ore 18, l’ultima proiezione della rassegan: Miss Europa - Prix de Beauté (1930, Augusto Genina). Storia d'una miss che prima rinuncia e poi cede alla lusinghe della celebrità, si fa lanciare nel mondo del cinema e muore assassinata da un marito folle di gelosia, mentre la sua immagine sullo schermo continua a sorridere e cantare. È un prodotto esemplare degli anni di passaggio muto-sonoro, girato muto e postsincronizzato con dialoghi, musica e rumori; taglio realistico dei ritratti d'ambiente, clima di felicità provvisoria e confusa, cadenze di mélo. Brooks ha un candore luminoso, eppure il film è dominato "dallo sguardo veramente impietoso con cui a tratti la cinepresa di Genina esibisce le imperfezioni e i cedimenti del corpo di una diva appena ventiquattrenne e già avviata verso una conclusione rapida e prematura della propria carriera, nonché pericolosamente orientata verso la deriva esistenziale" (Alberto Boschi).
(aise)
|
|