Anno 2 Numero 60 Mercoledì 28.05.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

  

Ministero per i Beni Culturali e Ambientali Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico e Demoetnoantropologico del Veneto 

Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo 

PROGETTO MANTEGNA

Gli affreschi del Mantegna della Cappella Ovetari di Padova non sono completamente perduti. A 59 anni dal bombardamento che, l’11 marzo del ’44, lo polverizzò, il capolavoro dell’arte italiana del ‘400, ha una possibilità di rivivere. Per ora solo virtualmente ma, se gli esperti riterranno di avviarne il restauro, anche fisicamente. Dal maggio del 2001, nel Dipartimento di Fisica dell’Università di Padova, 31 operatori si sono ininterrottamente dati il cambio intorno a 12 calcolatori in rete. In questi due anni, macchine e uomini hanno esaminato 80.735 frammenti d’affresco, i più estesi dei quali delle dimensioni di un pacchetto di sigarette, la gran parte non più grandi di un francobollo. A raccoglierli, all’indomani del bombardamento che trasformò in polvere il capolavoro del Mantegna, furono i cittadini di Padova che li scavarono nella montagna di rovine che era tutto ciò che restava della Cappella Ovetari e di quelle contigue. Quei frammenti, riposti in decine di casse, vennero inviati a Roma e affidati all’Istituto Centrale per il Restauro. Nel ’46, a cura dell’allora direttore dell’ICR, Cesare Brandi, venne attuata la ricomposizione dei frammenti di 4 delle scene – le meno danneggiate – che vennero ricollocate nella Cappella padovana da cui provenivano. Gran parte delle casse, contenenti migliaia di altri frammenti, vennero riportate a Padova e consegnate al locale Museo Civico e successivamente trasferite al Museo Diocesano. Nel 1992 anche le ultime casse di frammenti, sino ad allora conservate a Roma, vennero riconsegnate a Padova, raggiungendo le altre nei depositi del Museo Diocesano. Quasi sessant’anni di silenzio hanno finito con l’alimentare anche leggende, come quella, riportata da autorevolissimi mezzi d’informazione stranieri, della scomparsa della famose quanto invisibili casse. Nulla di tutto ciò e vero. Le casse non solo esistono ma, con finanziamenti ministeriali, negli anni tra il 1994 e il ’98, ciascuno dei minutissimi frammenti è stato restaurato, fotografato e documentato, in attesa di capire se e come si potesse tentare una ricollocazione dell’immenso mosaico scomposto. L’impresa, che sembrava impossibile, potrebbe divenire realtà grazie agli studi del professor Domenico Toniolo e del dottor Massimo Fornasier dell’Istituto di Fisica dell’Università di Padova, i quali hanno messo a punto un programma in grado di confrontare e ricollocare i frammenti su una mappa rappresentata dalla riproduzione degli unici documenti rimasti del famoso ciclo: le immagini realizzate nel 1920 dai tecnici della Fratelli Alinari, immagini di buona qualità ma in bianco e nero. La Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, venuta a conoscenza di quello che allora sembrava ancora un puro esercizio scientifico, decise di intervenire per finanziare e gestire il passaggio dalla ricerca teorica all’applicazione pratica, trovando ampiamente disponibile la Soprintendenza ai Beni Storici e Artistici del Veneto e, in quanto proprietaria dei frammenti, la Curia. Due anni di lavoro ed ecco arrivare i risultati: migliaia di frammenti hanno trovato la loro collocazione (anastilosi virtuale) e ciò grazie alla rete di computer in grado di localizzare in pochi secondi frammenti della dimensione di 3-4 centimetri quadri su superfici di molti metri quadri e ciò attraverso il raffronto di 7 milioni di posizioni possibili, ricorrendo anche e l’uso della tecnica delle armoniche circolari. A pieno regime, in una giornata lavorativa, il laboratorio dell’Istituto è in grado di esaminare fino a 1.000 frammenti. Rimessi virtualmente al loro posto, i frammenti salvati dimostrano di coprire circa 77mq, un 10 per cento circa di quella che era la superficie affrescata, distrutta in quel terribile evento. In pratica, per un frammento ritrovato ne mancano almeno altre nove. Quando i frammenti passeranno da una anastilosi virtuale ad una reale? Quali tecniche si potranno adottare? La parola spetta ora ai tecnici del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. Quello che è certo è che a Padova è stata messa a punto una tecnica di ricerca sicuramente efficace per situazioni analoghe nel mondo, che ciò che era ritenuto impossibile è risultato invece possibile e che dall’esame dei frammenti ricomposti emergono interessanti nuove conoscenze circa la tecnica e l’arte del Mantegna.

Studio ESSECI 

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