ANTOLOGIA parte III |
INDICE
L'EPILOGO
IL NUOVO SOGNO NOTTURNO
IL NOMINATO
OUT RUNNER
FUORI CORSA
NAVIGARE È NECESSARIO
CENOTAFIO
DELLA NOTTE
CONFLITTO
IL MOVENTE
DIECI ANNI
Le ultime parole ancora vive,
seguono la linea amorfa
dell'orizzonte lontano.
Richiamo dell'inutile tormento.
Il silenzio che celava il tetro sogno,
adesso è realtà !
Connessione plausiva
con il condottiero vincente,
che angustia il vinto.
Auspicando dolcezza
provo tormento.
Scacciato lontano nella nebbia fitta.
Si replica il castigo inconscio
io il primo vendicatore,
ora il succube.
Commiato alla dolce Musa
ibernata per sempre,
distante e distaccata.
Preda di una robusta fiera.
Ed io perduto,
ancora alla ricerca di quel sogno,
che non vince la notte,
alla ricerca di quella sfera luminosa
che inonda di morbida luce
l'epidermide bronzea.
Celato dallo scrigno di latta
incontro,
fato,
un nuovo sogno,
fatuo.
Lubrico e viscoso,
senza immagini reali,
trasportato dal vento
di un contatto senza nessuna fusione,
si connette interpolandosi
agli eventi della scena.
Lo plasmo,
come mio solito creare,
lo analizzo lucidamente,
e mi cattura.
Prigioniero di un'immagine irreale,
cavalco la scia della contingenza
senza poter accedere alla regia.
La marionetta che sono,
in questa storia appena schiusa,
una figura nuova di essere braccato,
e non piu' cacciatore.
Il bracconiere lascia il posto
al saccheggiato.
Ma ne sento il bisogno,
essendo l'ultima spiaggia
visibile dall'oceano presente,
dove boccheggio,
ogni giorno,
ogni sera,
ogni notte.
E aspetto,
ansiosamente,
il contatto.
Quale prezioso brivido,
corre lungo il solco della mano,
quando dopo il suono dell'invito
odo essere nominato
con il mio titolo.
Quello che ho creato.
Start and go .......
stand by ............
Out runner !!!
Solitario
tento una nuova corsa,
con lo scettro della serenità ritrovata.
La fonte rinasce,
riprende il lento fluire.
Goccia dopo goccia
si scioglie il nodo
della chiusura vitrea.
I leggeri fili rossi si alternano
con i soliti alti e bassi
propri della fase
che precede un'eventuale tempesta.
Urge
languir di fronde.
Parole eteree ma forti
necessarie per rifocillare
il vecchio oramai in pieno declino.
Ma navigare
è necessario.
(alla mia Musa)
Una forma irregolare
di cartilagine color ambra
ed al centro, sospese,
due ali di coleottero.
È un cenotafio,
il cenotafio della mia Musa.
Scomparsa un mattino
di questa primavera autunnale.
Nel suo ricordo
plasmo le forme
pregne di significati
e le concretizzo
con segni leggeri
senza colori forti.
(dedicata a Boullee e Ledoux, pionieri)
Non dire frasi
il momento non permette,
scaramucce silenziose
di pensieri contrastanti.
Nella lotta silenziosa
s'interpone un diaframma,
il solito ostacolo all'eventuale dialogo.
Un forte ed inusuale
battito della mia pietra.
Entrambi depressi e sfiniti.
Passione simulata,
replicata,
annoiante.
Un gioco di pedine,
alfieri e cavalli,
ma senza torri.
Ognuno arroccato
con le proprie mosse
diluite nel tempo,
silenti e oscure.
Mosse e contromosse,
avanzamenti e indietreggiamenti.
Sempre sul filo;
timorosi di essere sconfitti,
spavaldi nell'attaccare.
Ma è tutto inutile,
la partita si risolve
sempre
in parità.
E cio' equivale a
sconfitta.
La grande contesa
è iniziata.
La madre di tutte
le battaglie.
Senza colpi reali
la lotta prosegue.
Il silenzio
l'arma vincente.
Noncuranza,
ignorando la sua presenza.
Effetti che producono
breccia nelle spesse mura.
Ed infine vittoria,
nella notte di mezza estate
il sacro fuoco del trionfo.
La perdita silenziosa
della luce musiva,
accende ineluttabile
la necessita'
del travaso interiore
di fluido passionale.
È questo il movente
del ritorno
all'unica ansa
sferica e sinuosa.
Dieci anni fa
un giorno uggioso di dicembre
lasciai per sempre
l'edificio di via Monteoliveto.-
In mano avevo una pergamena,
pesante
dei tanti anni
trascorsi tra quelle mura.
E abbandonavo in quel luogo
tre segni importanti:
- la mia giovinezza;
- i miei amici;
- il mio ritratto.
Lasciati quasi per caso
- o per fato -
tra le aule ed i corridoi
di uno strorico edifizio napoletano.-
Oggi sono ancora li.
Nessuno li vede, ma sono li.
Non potranno mai piu' tornare
nelle mie mani artritiche;
fanno parte integrante
del ricordo
di quel giorno anonimo.
In dieci anni,
un mutevole vortice,
devastante,
trasformava
tutta la mia vita,
le amicizie,
e il modo di vivere.
Oggi
non sono piu'
quello di allora.
Oggi
non sono quello
che immagnavo di me.
E sento solo
triste nostalgia.