IL GIGANTE ADDORMENTATO

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di Annamaria "Lilla" Mariotti

C'era  una  volta ...  Così da  sempre  iniziano  le favole, e questa è una favola...

C'era una volta, tanto tanto tempo fa, un buon vecchio gigante. Era seduto sul cocuzzolo  di una montagna  lungo le coste della nostra penisola, ed i suoi piedi si bagnavano nel mare.  Se ne stava così seduto, con il gomito sul ginocchio ed il mento nella mano, pensando al suo triste destino. Era l'ultimo della sua specie, aveva girato il mondo in lungo ed in largo, ma non aveva trovato più nessuno come  lui.

Era rimasto solo e per di più la gente aveva paura di lui per via della sua mole. Non che fosse cattivo, anzi, era un gran bonaccione e gli sarebbe piaciuto parlare con la gente e avere amici, ma tutti fuggivano appena sentivano avvicinarsi il suo passo rimbombante.

Era  ancora immerso nei suoi pensieri quando si  rese conto che in mare, tra i suoi piedi, infuriava  una tempesta e che una piccola goletta, sballottata dalle onde e con le vele strappate, rischiava di affondare.

Spinto dal suo buon cuore il gigante allungò istintivamente una mano e sollevò la barca per salvarla dalla furia delle onde. Ma i marinai, quando videro quel gran faccione che li guardava, si misero a correre urlando sul ponte, e qualcuno si sarebbe anche buttato di sotto se in quel momento non  fosse uscita dalla cabina la figlia del capitano, che vide l'espressione benevola sul volto del loro salvatore  e gridò all'equipaggio: "Ma che razza di uomini  siete! Non fatevi prendere dal  panico, non capite che questo, qualunque cosa sia, ci ha salvati dal naufragio? Dovremmo essergli grati". A  quel punto tutti si calmarono e cominciarono  a guardare  quell'enorme  mole con curiosità mista  a timore,  ma quando il gigante aprì l'enorme bocca in quello che doveva essere un sorriso amichevole, la paura si placò, e tutto l'equipaggio rispose con altrettanto amichevoli gesti delle mani.

La goletta rimase sul palmo di quella grossa  mano per il tempo necessario alla riparazione dei danni  allo scafo ed alle vele. Era una grande piazza d'armi quella mano, e ogni tanto qualcuno scendeva da bordo per sgranchirsi le gambe tra un lavoro e l'altro e intanto, alzando la voce il più possibile,  scambiava  due parole con quella montagna  umana, che raccontò  a tutti la sua storia e che ora non faceva più paura a nessuno.

La tempesta si era placata ed i danni erano ormai riparati, ed era giunto quindi il momento di ripartire, ma sembrava che nessuno avesse fretta. La figlia del capitano, che era una ragazza molto intelligente, trovò il modo di fare tutti contenti. Era molto benvoluta, sia a bordo che a terra, e sapeva che la sua decisione avrebbe  trovato tutti d'accordo, quindi propose al  gigante di seguirli verso nord, alla terra dei Liguri, dove loro vivevano in un paese chiamato Camuli.

Il  gigante, contento di avere trovato degli amici, rispose di sì con un gesto della testa ed una risata di contentezza che fece traballare la barca, mandando più d'uno a gambe all'aria sul  ponte, poi  scese in mare fino alla cintola, seguendo la barca e soffiando dolcemente nelle vele per rendere più facile il viaggio.

Nel  piccolo villaggio di pescatori tutta la popolazione si era radunata sul molo ad attendere  la goletta, che era stata data ormai per dispersa, ma quando videro da cosa era seguita, tutti si  misero ad  urlare per lo spavento tra un fuggi fuggi generale.

La ragazza saltò velocemente sul molo e richiamandoli indietro a gran voce, disse: “Non fuggite, questo è l'ultimo dei giganti ed è buono, ha salvato le nostre vite. Potrà restare qui con noi e sarà un amico per tutti”. Gli abitanti rimasero un po' perplessi, poi qualcuno si fece coraggio e batté le mani, presto seguito dagli altri e tutti insieme fecero festa al nuovo e insolito amico. 

Stanco  per il viaggio e per le emozioni  il  gigante  chiese  di potersi riposare.  La ragazza lo guidò  in fondo alla grande spiaggia dove lui si coricò, la testa verso il mare e le gambe verso la collina, e quando fu sistemato stese la grossa mano e sollevò fino alla sua fronte colei che lo aveva salvato dalla solitudine. La figlia del capitano lo baciò dolcemente e lui si addormentò felice.

Allora, nella notte, una fata buona lo trasformò in una  montagna, coperta  di alberi  bellissimi e di piante rare, perché gli abitanti di quel villaggio di pescatori potessero, nei secoli, godere della frescura e del verde di quel monte, farvi belle passeggiate nelle calde giornate estive e vedere la sua cima coperta di neve in qualche fredda  giornata invernale e, soprattutto, perché  il  buon  gigante potesse  rimanere per sempre con quella  brava  gente che  lo  aveva  accolto con  tanto affetto.     

Quel villaggio di pescatori si chiama  ora Camogli e il gigante addormentato viene chiamato "MONTE DI PORTOFINO" e domina la cittadina. Ancora oggi, guardando la montagna dal mare, si può vedere chiaramente la sagoma del gigante, con la testa verso il mare, il grosso naso prominente, il pancione, ed i piedi verso la collina.